Le fonti e i documenti sono prodighi dei nomi dei protagonisti della sgorbia e lasciano emergere l’attività, a cavaliere tra XVI e XVII secolo, di accorsate botteghe dalle quali partirono, nell’ordine di decine e decine, anzi centinaia, statue a tutta grandezza e busti destinati anche a piccoli e periferici centri.
E, «per visibilia ad invisibilia», esaltando al massimo la duttilità della materia, il legno, facile da intagliare quanto altrettanto ricettivo di dorature e policromature, la scultura a soggetto religioso si fece congeniale voce di traduzione, in forme sensibili e attraenti, del rilancio della Riforma in chiave cattolica, risposta ‘figurata’ ai severi ammonimenti e alle dottrine protestanti che erano giunti a scuotere alle radici la Chiesa di Roma.
Fu dunque la religione fattore determinante della creazione di una koiné culturale e artistica per il ruolo propulsore che essa riconobbe, per quel che ci riguarda, anche alla scultura in legno.
Tra i protagonisti di questa esaltante stagione di autentica ri-conquista cattolica attraverso l’arte plastica, alcuni artisti cominciano a sgomitare più e meglio di altri guadagnando il posto spettante e meritato nella Storia dell’Arte tra Cinque e Seicento.
È il caso di Aniello Stellato (doc. 1593-1643), il cui nome sino a pochi anni addietro era del tutto sconosciuto, che si rivela artista di prima grandezza, definito «dio del legno», così come lo spagnolo e contemporaneo scultore «dios de la madera» Juan Martinéz Montañés (1568-1649), per la stessa medesima capacità di tradurre in immagini vive e reali, vibranti alla luce, soprattutto credibili, le visioni del sacro e il sentimento devoto. A fronte della massa di fonti archivistiche, anche per Stellato ci si trova a dover fare i conti con la mancanza di opere.
Ma la storia, si sa, trova sempre modi e tempi per le sue rivincite e così emerge l’astro - «nomen omen» è proprio il caso di dire - di Stellato. Solo una sua statua, per altro in area marchigiana, reca insieme alla data anche la sua firma «anell(us) stell(at)o scultor neap(olitanus) f(ecit) 1612»: la Madonna con Bambino, o Madonna delle Neve di Grottazzolina.
Al catalogo si sono poi aggiunte le opere documentate quali la Madonna di Fondi, e quella, significativamente sotto il titolo della Neve, di Orsara di Puglia.
Ricomponendo unitariamente le frammentarie notizie archivistiche con la ricerca sui territori è stato possibile ‘riconoscere’ lo straordinario Ecce Homo (1621) nella chiesa di San Francesco a Lucera. Una restituzione foriera di ulteriori sviluppi perché consente di mettere meglio a fuoco le caratteristiche intrinseche, tecniche, interpretative e formali, del Nostro; insieme, di poter discutere, su basi di concretezza ed esperienze oggettive, solide e affidabili, di numerose altre opere ad oggi sfuggite ai pur notevoli tentativi di ricerca di una paternità: il ‘piccolo-grande’ Ecce Homo ai Girolamini o i Misteri di Molfetta (ba), protagonisti di una secolare vicenda identitaria; ancora, il controverso, per attribuzione in bilico tra Maresca e Stellato, San Biagio della Cattedrale di Ruvo di Puglia. Stesso discorso per l’altrettanto strepitoso Ecce Homo di Nocara (cs), opera di straordinaria intensità espressiva e drammatica. Soggetto doloroso che torna nell’Ecce Homo, veneratissimo e inamovibile, di Piano di Sorrento. Di Stellato anche il San Francesco di Conversano, il cui raffinato e preziosissimo saio, nei racemi tipici dell’«estofado de oro», esalta le qualità morali, la ricchezza spirituale, i carismi, la santità di un pilastro del cristianesimo di tutti i tempi. Ma anche il bellissimo Crocifisso di Licodia Eubea e quello, un po’ trascurato, di Manfredonia.
Dettagli
Formato: cm 24x31
Pagine: 176
Illustrazioni: 212 a colori
ISBN: 978-88-8431-844-2
Anno di pubblicazione: 2023