Il 14 agosto 1999 mons. Francesco Zerrillo inaugurava le prime due sale dell’erigendo Museo diocesano del Palazzo Vescovile di Lucera. All’incaricato per i Beni Culturali della Diocesi, Don Luigi Tommasone, che aveva già curato il primo allestimento, il Vescovo affidava anche la successiva responsabilità della struttura museale e la cura dell’ampliamento della stessa. L’elegante contenitore d’arte, già di per sé splendido manufatto dell’architettura tardobarocca, si presentava da subito come un luogo privilegiato in cui offrire stimoli per la maggiore conoscenza della storia e dell’arte sacra presente nel nostro territorio. Grazie anche alla ricchezza dei suoi arredi e alle sue variegate collezioni, in pochi anni il Museo è divenuto un’istituzione di richiamo per molti visitatori e studiosi, ma soprattutto uno strumento di evangelizzazione cristiana, “di elevazione spirituale, di dialogo con i lontani, di formazione culturale, di fruizione artistica, di conoscenza storica”. L’arte è infatti tra gli strumenti didattici più antichi che la Chiesa conosce, e non solo nel senso di una
Bibbia pauperum, ma perché sin dagli inizi del cristianesimo essa è stata associata all’insegnamento della fede, dal momento che l’arte è capace – alla stregua della parola scritta e talvolta meglio di questa – di rendere visibile, tangibile e abitabile un mistero nascosto da tutti i secoli ma rivelato in Cristo. E’ anche per questo che la Chiesa non può appagarsi dell’ordinario e dell’usuale, ma “ridestare la voce del cosmo, glorificare il Creatore e svelare al cosmo la sua magnificenza”. Così Benedetto XVI indicava, con chiarezza, come uno dei doveri d’oggi sia mostrare la bellezza della fede attraverso la fede della bellezza.
E’ con questo spirito che l’Ufficio Diocesano per i Beni Culturali Ecclesiastici, coadiuvato dai volontari dell’Associazione Terzo Millennio, si accosta al delicato compito di allestire e di rendere fruibili le forti esperienze estetiche provenienti al grande pubblico dall’immenso patrimonio d’arte della nostra Chiesa, e questo anche e soprattutto attraverso mostre tematiche corredate da cataloghi e da sussidi divulgativi, che diventano il veicolo di conoscenza di tutta la ricchezza di arte presente nel nostro territorio. Il modo migliore per conservare tale ricchezza è infatti quello di favorire la più vasta conoscenza possibile intorno a questi beni di interesse culturale e di rendere tutti coscienti di quanta responsabilità ci carica il passato, nel trasmetterci e affidarci i segni del genio dell’uomo. In tale ottica i musei non sono più semplici “depositi” del passato, ma “biglietti da visita” dei luoghi che li ospitano, ambienti privilegiati in cui l’arte diventa emozione ed estasi, cioè “arte del sentire”; spazi in cui sentirsi toccare, sentirsi parlare da ciò che si ha di fronte, da ciò che è dentro ogni singola opera d’arte; dove entrare nell’anima della comunità che quei tesori ha prodotto e che per tutti dovrebbe essere il segno – rispettato, ma anche intellettualmente e spiritualmente capito – della propria identità storica. La fruizione didattica, scientifica e culturale di tali opere trasforma le stesse in occasione di annuncio per quanti vogliono lasciarsi provocare dal bello per sperimentare l’eterna e somma Bellezza.
Il cammino per acquisire questa coscienza più vigile e viva, fatta di protezione e recupero, di valorizzazione e migliore fruizione, mira, infine, a porre su solide fondamenta i presupposti essenziali per una crescita civile della società, quale può avvenire solo distinguendo ciò che è veramente importante da quanto è invece caduco o, ancora peggio, dannoso.
Dall’introduzione dell’Autore
Dettagli
Formato: cm 16x16
Pagine: 60
Illustrazioni: 42 a colori
ISBN: 978-88-8431-146-7
Anno di pubblicazione: 2006