Vico magica, perché?
Una località può essere definita magica quando i profili delle case e delle colline, i panorami accattivanti, gli ambienti naturali, i boschi, le acque, i declivi, il sole... creano quelle atmosfere particolari che solo si riescono a definire con quella aggettivazione poiché le precisazioni, pur articolate, sembrano sempre insufficienti a descrivere la realtà.
Una località è magica anche quando il contesto ambientale architettonico, le opere degli uomini stratificate dal tempo, l’arte... ne fanno un luogo privilegiato per lo spirito.
Una località è magica in senso stretto quando le tradizioni, la storia, gli avvenimenti che interessano la popolazione che vi risiede affondano le loro radici in contesti culturali che privilegiano anche aspetti e suggestioni mistiche, religiose, esoteriche; fantasie diverse corollari di pratiche magiche, di divinazione, di oroscopi, di quella sotterranea liturgia di cui si nutrono le fantasie popolari...
Vico partecipa di questi ultimi aspetti e non c’è da meravigliarsi se è contemporaneamente la patria di Michelangelo Manicone, il monaco naturalista, che aveva fatto della razionalità e dell’intelligenza un esercizio vitale ed esistenziale; se è la patria di Galeazzo Caracciolo, il principe eretico che mai rinunciò ad essere quel che aveva maturato di essere sacrificando beni ed affetti per il suo ideale; se è la patria degli Accademici Eccitati, quel cenacolo di intellettuali illustri che ammantavano il loro sapere della cultura e della razionalità illuministica...
Ma Vico è anche la terra che nel corso del tempo ha espresso il senso del fàtico. Non si contano infatti le leggende, le superstizioni, le suggestioni derivanti dall’irrazionalità fantastica alimentata dall’astrologia, dal sortilegio, dalla mantica, dal vuoto esistenziale a volte.
D’altronde all’origine stessa di Vico vi fu Giano Bifronte il dio padrone del passato e del futuro, del regno della vita e di quello delle ombre, ambivalente ed oscuro, attorno al cui tempio sul Tabor si organizzò in epoca storica il primo nucleo abitato. Forse accolse l’antro dell’indovino Calcante che è da identificarsi, secondo alcuni studiosi, in un andito nei pressi dell’antico abitato dove ora sorge un santuario mariano. Ancora nel settecento, residuo di antichissimi percorsi divinatori, si ricorda la pratica dell’incubazione allorquando ci si avvolgeva nel vello nero di un montone sacrificato perché, dopo la notte piena di sogni, si precisasse un vaticinio. E poi c’è il filtro d’amore di San Valentino, patrono dei cuori e delle arance, che aiuta gli innamorati col suo speciale potere magico contenuto nella pozione che altro non è che una spremuta di arance dorate venute in contatto con le reliquie del santo. E poi le leggende di mostri tenebrosi esorcizzati, di folletti burloni come u scazzamaureddy, il contraltare locale e contadino del poltergeist, di tesori nascosti, di fantasmi terrificanti di principi crudeli che esercitavano lo “Jus primae noctis”...Terra magica dunque piena di suggestioni profonde ed affascinanti come ci conferma ancora la Cabala di don Giuseppe Roberti, il personaggio di questo libro attorno a cui ruotano i tanti cultori e le maghe-cultrici del Libro di San Tommaso.
Quella di don Roberti non è perciò una vicenda isolata di un personaggio particolare ma costituisce un anello di quella catena magica che affonda le sue radici nella storia della cittadina, nella cultura e nelle tradizioni popolari.
Questo lavoro ripercorre le tracce di un uomo singolare che fa parte a pieno titolo della storia e della leggenda cittadina.
Dettagli
Formato: cm 16,5x23,5
Pagine: 144
Illustrazioni: 45 in bianco e nero
ISBN: 88-8431-159-4
Anno di pubblicazione: 2005