Statuari Cartapistari e Bellisanti
Santi di carta tra importazioni e botteghe locali in Puglia dal ’700 al ’900
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EUR 48,00 |
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Nel corso dell’Ottocento Lecce, «paradis du rococo», si ritrovò totalmente immersa in una nuova e forse impensata occupazione artistica, quella della cartapesta, così congeniale da farne «un prodotto naturale della terra, corrispondente alle tendenze più fini e più sottili de’ suoi abitanti». Toccò alla plastica cartacea, intorno alla quale vi fu ben presto un giro vorticoso di interessi artistici e economici, rinnovare i fasti di una città che aveva costruito sull’intaglio lapideo e eleganza dei suoi monumenti, l’immagine universalmente nota, al punto da meritarsi l’appellativo di “Atene di Puglia”. Poi il declino, a partire dal secondo dopoguerra, lento e inarrestabile, che rischiò di far scomparire per sempre quanto per circa due secoli aveva assicurato lavoro e benessere a migliaia di addetti, conferito decoro e fama a un’arte assurta a emblema di vera e propria «gloria paesana». Dall’indagine sui territori, ricchissimi di patrimoni materiali e immateriali del tutto inediti e che meritano di essere conosciuti, emergono opere e nomi che raccontano quanto accorsate e richieste furono le botteghe attive nel capoluogo salentino e il livello qualitativo che esse raggiunsero, al punto che i loro prodotti «passavano vittoriosi i confini d’Italia». E accanto ai celebrati nomi di Mauro Manieri (1687-1744) e Pietro Surgente (1742-1827), Antonio Maccagnani (1807-1892), Achille De Lucrezi (1827-1913), Giuseppe Manzo (1849-1942), Giovanni Andrea De Pascalis (1862-1895), Agesilao Flora (1863-1952), Raffaele Caretta (1871-1950), Luigi Guacci (1871-1934), per citarne alcuni, si focalizza sempre più l’attività copiosa di altrettanta nutrita schiera di cartapestai, molti dei quali avevano appreso l’arte presso i maggiori per poi essere operativi, una volta emancipati, in proprie botteghe con le quali contribuirono a trasformare il capoluogo in ‘teatro di santi’ a cielo aperto. Accantonate le ingenue pretese di una origine tutta salentina, per filopatrismo care alla pubblicistica locale, va senza ombra di dubbio individuato in Napoli il «referente artistico», la culla della cartapesta. È dalla capitale che essa giunse nella provincia regnicola, sia sotto forma di opere e sia come esperienza tecnica, per poi evolvere in caratteristiche proprie che spostarono definitivamente il baricentro della produzione di immagini destinate alla religione da Napoli a Lecce. Un filone produttivo interessante si ebbe a Molfetta dove la statuaria in cartapesta, se mai raggiunse la notorietà di quella “leccese”, rimanendo confinata in ambiti territoriali assai ristretti, si può dire che la surclassò in termini di innovazione e qualità, quanto per scelte iconografiche. Si conoscono, almeno per il momento, quattro distinte e autonome personalità (Ferdinando Cifariello, Vito Fornari, Corrado Binetti, Giulio Cozzoli) che con i loro ateliers avrebbero potuto ben competere con le più blasonate botteghe salentine, forti di una riconoscibilità al punto da poter ben aggettivare la produzione in “cartapesta molfettese”. Insomma il percorso appena intrapreso già rivela aspetti del tutto inediti quanto inaspettati, lasciando emergere nomi e attività di maestri del tutto dimenticati, sui quali troppo a lungo e ingiustamente è calato il silenzio critico e il velo dell’oblio, che è ormai tempo di rimuovere. Dettagli
Formato: cm 23x28 Pagine: 288 Illustrazioni: 555 a colori ISBN: 978-88-8431-862-6 Anno di pubblicazione: 2024 |